Stile evitante
Le persone con questo stile di attaccamento faticano particolarmente a riconoscere il proprio problema relazionale e ad affrontarlo.
Da un lato, perché il loro livello di sofferenza percepita è spesso basso; dall’altro, perché affrontare i propri temi interiori richiederebbe, per loro, una decisione consapevole di confrontarsi con emozioni e paure finora accuratamente evitate, senza che vi sia un’urgenza evidente.
È quindi naturale aspettarsi forti resistenze.
Al contrario, le persone con stile di attaccamento ansioso hanno spesso maggiori possibilità di mettersi in discussione, poiché si trovano più frequentemente in situazioni di vita in cui il dolore supera di gran lunga la paura del cambiamento.
Nel loro caso, le resistenze emergono più tardi nel percorso , ma non sono assenti.

Stile ansioso e relazioni intime
Roberto prova affetto per Anna e apprezza il tempo trascorso con lei. A modo suo, glielo dimostra anche, offrendole di tanto in tanto il suo aiuto. Ma poi succede che sparisce per giorni, soprattutto proprio dopo che hanno passato bei momenti insieme.
Lo assalgono sensazioni spiacevoli. Anna interpreta questo comportamento come disinteresse e si sente lasciata appositamente nell’incertezza: «Se mi volesse davvero, almeno ogni tanto mi scriverebbe», pensa – e si incontra con un altro uomo.
Quando Roberto lo scopre, non riconosce il suo contributo alla situazione. Si sente semplicemente confermato nella convinzione che non ci si possa fidare delle donne. Inoltre, secondo lui, una donna come Anna non potrebbe comunque avere un reale interesse per lui.
Stile evitante - Influenze familiari e trigger
Lo stile di attaccamento evitante , che Roberto mostra in questo esempio, è caratterizzato dalla convinzione profondamente radicata di non potersi affidare agli altri. E quando c'è una contraddizione tra le nostre convinzioni interiori e la realtà vissuta, questo genera dissonanza.
Una persona con stile di attaccamento evitante vede il mondo attraverso un filtro percettivo basato sull’assunto inconscio che ogni essere umano sia fondamentalmente solo. Ne deriva una tendenza a fuggire dalla responsabilità verso gli altri.
La radice di questa forma di attaccamento insicuro risiede spesso in una famiglia d’origine che ha provveduto adeguatamente – forse anche in modo eccellente – agli aspetti materiali e strutturali (routine), ma in cui i genitori non erano in grado di vedere e apprezzare il bambino nella sua individualità.
Non riuscivano così a stabilire un legame emotivo con il figlio e non erano capaci di rispondere ai suoi bisogni e alle sue preoccupazioni separandosi dalla razionalità fredda.
Esiste una configurazione familiare tipica che favorisce questo tipo di attaccamento: da un lato un padre emotivamente inaccessibile, chiuso, forse anche imprevedibile; dall’altro una madre determinata, insoddisfatta del partner e bisognosa di controllo.
Entrambi non sono stati in grado di trasmettere – né tantomeno incarnare – un modo sano e costruttivo di gestire le emozioni.
Frasi svalutanti come “Fatti forza, sei un maschio.” oppure minimizzazioni come “Non è il caso di piangere per questo.” hanno portato a una vergogna profonda nell’esprimere le emozioni. Questo è lo sfondo della caratteristica più evidente di questo stile di attaccamento: l’apparente totale mancanza di empatia.
Ma osservando più da vicino, si vede che le persone con questo stile sono in realtà capaci di compassione. Solo che non riescono a esprimerla, perché ciò attiverebbe sentimenti di vergogna intensi.
Un’eccezione è rappresentata dal narcisismo patologico, all’estremo dello spettro. In quel caso, a causa di uno sviluppo emotivo interrotto, è possibile solo una forma di empatia cognitiva (fredda).
Le emozioni spaventano le persone con stile evitante. Sono vissute come segni di debolezza, con un’eccezione frequente: la rabbia. Questa emozione non è stata associata al bisogno, perché di solito almeno uno dei genitori la usava come sfogo per ottenere un sollievo momentaneo. Quindi rabbia e collera non scatenano le stesse associazioni negative.
Tutti gli stili di attaccamento insicuro hanno difficoltà con l’intimità (“into me see” = vedere dentro di me), ma in questo caso la difficoltà è particolarmente evidente. La paura dell’intimità si regge su due pilastri: da una parte l’avversione per qualsiasi forma di vulnerabilità e dolore; dall’altra la paura di lasciarsi andare. Alla radice di tutto, c’è una profonda sfiducia – verso sé stessi e verso gli altri.
Se da bambini siamo stati puniti, ignorati o umiliati per aver espresso emozioni, abbiamo imparato: “Vengo accettato solo se non mostro emozioni.”
Abbiamo allora dovuto sviluppare la capacità di reprimere, o meglio ancora dissociare completamente, le emozioni per non sentirle più. In questo modo non eravamo più in balia della situazione. Le forti tendenze al ritiro delle persone con stile evitante-distanziante si basano quindi sul bisogno di non rendersi vulnerabili, perché la vicinanza con un altro essere umano genera una paura indefinita di perdere il controllo.
Spesso queste sensazioni vengono descritte da chi le vive come frustrazione, irritazione o un senso di costrizione. Sono reazioni dell’inconscio che cerca di proteggerli da una minaccia immaginaria e dal dolore.
Stile di attaccamento evitante e strategie di disattivazione
In questo contesto, dobbiamo parlare delle strategie di disattivazione. Vengono utilizzate per non uscire dalla zona di comfort e per ristabilire la distanza necessaria.
Tra queste strategie, tipiche di questo stile di attaccamento, troviamo:
comportamenti ambivalenti (compulsione alla ripetizione approccio-fuga / rinforzo intermittente),
focalizzazione sui difetti dell’altro, idealizzazione degli ex partner, doppie vite (triangolazioni), tendenza a mantenere segreti, o interruzioni complete del contatto quando una situazione richiede un investimento emotivo.
Le persone con questo stile non si lasciano mai coinvolgere completamente nella relazione.
Per questo motivo, spesso non hanno difficoltà a porre fine a una relazione in modo improvviso e senza motivi gravi. Trovano molto più difficile, invece, impegnarsi onestamente, dedicarle tempo ed energia – perché ciò contraddirebbe la convinzione silenziosa: “Non posso fare affidamento sugli altri.” Le loro relazioni, di conseguenza, non sviluppano mai basi solide: mancano di stabilità e di resilienza.
Una persona con uno stile evitante-distanziante si sente più connessa a un partner attraverso il sostegno, la costanza e l’affidabilità che riceve. Questo rende più sopportabile e arricchente la sua esistenza spesso isolata, e rispecchia l’esperienza infantile e il modello di relazione che ha osservato nei genitori.
Poiché vede il mondo attraverso il filtro della convinzione profonda di non potersi fidare di nessuno, rifiuta l’assunzione di responsabilità verso gli altri. Quando vi è costretto, tende a fuggire.
Chi ha sviluppato questo stile ha ricevuto fin da piccolo il messaggio implicito: “Devi essere perfetto – secondo ciò che io definisco perfetto – per poter essere amato e accettato.”
È cresciuto in un clima familiare in cui prendersi responsabilità era vissuto come una minaccia, perché significava sottoporsi a una pressione immensa. Da ciò nasce la credenza: “Se mi assumo delle responsabilità, perdo la mia libertà.”
Gli evitanti-distaccati hanno imparato a tenere sempre una via di fuga aperta, perché non si fidavano delle loro figure di riferimento e sono cresciuti in un clima di disciplina, adattamento e controllo.
Abbandonarsi completamente sarebbe stato troppo pericoloso. Questa panico emotivo infantile riaffiora ora nelle loro relazioni adulte più intime. Ed è ciò che spiega l’enfasi estrema posta sul sentimento di libertà e indipendenza. Per loro, il grado di libertà percepita è direttamente proporzionale al senso di sicurezza.
Nel profondo, anche chi ha questo stile desidera la connessione. Ma la paura delle emozioni intense, la paura di essere abbandonati o fagocitati è talmente forte che sia l’idea di perdere l’altro, sia quella di perdere sé stessi, li porta a uno stato di congelamento emotivo.
Il congelamento diventa quindi una strategia di coping per ristabilire sicurezza e controllo.
I genitori di queste persone erano spesso inconsapevolmente centrati su sé stessi. Il bambino si è sentito spesso insicuro sul piano emotivo e/o fisico. Per avere un minimo di controllo sulla realtà, ha imparato a tenersi sempre una via di fuga.
Più tardi, questa modalità si manifesta spesso nelle relazioni intime sotto forma di passività aggressiva. Il congelamento fisico ed emotivo è una strategia osservabile, usata per mantenere il controllo.
Il partner si trova impotente: non può fare nulla quando si trova di fronte a questo stato di immobilità emotiva e relazionale.
Stile di attaccamento evitante-distanziante e principali trigger
I trigger di questo stile di attaccamento si basano su convinzioni come:
“Ognuno è responsabile di sé stesso.”
“C’è qualcosa di sbagliato in me.”
Scattano quando sentono minacciato il loro forte bisogno di autonomia e indipendenza, che è per loro la garanzia di un bisogno ancor più fondamentale: la sicurezza. I principali trigger sono:
1. Scoppi emotivi nella relazione
Questo è un trigger potentissimo, perché gli scoppi emotivi minacciano il loro bisogno di coerenza, prevedibilità e stabilità.
⚠️ Se un partner con stile ansioso minaccia di interrompere la relazione, può ottenere inizialmente una reazione intensa: l’evitante farà di tutto per impedirlo. Ma poco dopo, qualcosa cambia nella sua percezione: le emozioni si spengono e la relazione entra in una spirale discendente.
2. Sentirsi criticati
Anche se nel lavoro tollerano spesso la critica costruttiva, nelle relazioni personali anche litigi o parole dure toccano la ferita: “Non vado bene così come sono.”
La critica scatena vergogna profonda, che viene compensata con il ritiro emotivo.
3. Avere aspettative da parte dell’altro
A differenza dello stile ansioso-evitante, qui il problema è la sensazione di incapacità. Hanno alle spalle una storia relazionale che ha spesso confermato questa idea.
Una frase tipica: “Il mio partner pensa che sbaglio tutto.”
Mostrano affetto a modo loro – attraverso il supporto pratico. Non conoscono altri linguaggi dell’amore. Se il partner dice “non mi sento amato/a”, si attiva un dolore enorme, perché tocca tutti i piani di ferita. Il risultato è spesso la resa emotiva.
4. Essere messi sotto pressione per aprirsi emotivamente
Costringerli a mostrarsi vulnerabili tocca ferite come:
“Non sono al sicuro”
“Vengo controllato”
Quest’ultima provoca una sensazione di perdita dell’autonomia e li spinge in modalità sopravvivenza.
5. Non sentirsi apprezzati
Non amano i riflettori o le lodi eccessive, ma hanno un forte bisogno di riconoscimento per ciò che fanno.
Sul piano emotivo si sentono insicuri, perché non hanno riferimenti: i genitori erano emotivamente assenti e le emozioni associate a qualcosa di negativo.
Se qualcuno dice: “Vorrei che ti aprissi emotivamente”, per loro è come chiedere di affrontare la più grande delle paure. Se ci provano e sentono che non è stato visto o che non è bastato, si ritirano bruscamente.
6. Percezione di una violazione dei confini
Non riescono a sentire subito quando viene violato un loro confine, né a comunicarlo. Questo li porta a rancore interno. A quel punto basta un gesto banale – come spostare un mobile senza avvisare – per far scattare una reazione intensa.
Verso un attaccamento sicuro
Se sei tu la persona coinvolta, ti sarà utile affrontare a fondo le cause dei tuoi problemi relazionali. Prendi la decisione, da ora in poi, di essere sempre aperto e onesto.
Con le bugie ferisci l’altra persona e anche te stesso. Riconosci quali strategie metti in atto per creare distanza – e coglitene sul fatto.
Diventa consapevole che, così facendo, stai sabotando la tua relazione. Chiediti:
“Quali sono le convinzioni inconsce che mi spingono a chiudermi?”
Riconosci che alla base c’è la paura del rifiuto, sviluppata nell’infanzia – e che hai bisogno d’amore e affetto come ogni altro essere umano.
Alla fine, come per ogni stile di attaccamento insicuro, il percorso consiste nello sciogliere le convinzioni inconsce e sostituirle con altre che ti permettano di:
arrivare davvero in una relazione, essere te stesso, sentirti connesso senza perdere la tua libertà.
Qui trovi le chiavi più importanti per il tuo processo di guarigione:
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Sono felice di accompagnarti nel tuo percorso di trasformazione.
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Stile ansioso
Stile disorganizzato
Le persone con uno stile di attaccamento evitante-distanziante fanno particolarmente fatica a riconoscere la propria problematica relazionale e ad affrontarla.
Da un lato, infatti, il livello di sofferenza percepita è spesso minore; dall’altro, decidere di lavorare su di sé significa, per loro, esporsi consapevolmente – e senza un’urgenza apparente – proprio a quelle paure e a quelle emozioni da cui sono sempre fuggite. [...]